venerdì 14 novembre 2014

Da Pracatinat a Pinerolo - Una gita molto speciale


Eccoci di nuovo: oggi, testi a raffica! Cominciamo con il racconto della gita più bella fatta di tutti i tempi: a Pracatinat, in quarta. Voi ci siete stati?

Da Pracatinat a Pinerolo
Una gita più che speciale
Ed eccomi qui, in un lettino d’ambulanza con il mio maestro. Era una vacanza in cui mi dovevo divertire, e in effetti mi sono divertito tantissimo, fino ad adesso, ma oggi quel santo del mio maestro delle elementari è venuto a dirmi: “Lucas, preparati, che sta arrivando l’ambulanza”. L’infermiere ci sta spiegando un po’ per dove stiamo passando, “Questa è Villar Perosa, dove stanno gli Agnelli”, “Questa è…” ecc. per intrattenerci un po’, ma io non mi sento tanto tranquillo, con questa maledettissima gamba che continuo a non riuscire a piegare.
Aspetta, Lucas. Stop. Rewind. Come ci siamo arrivati qui?
Primo giorno. Evviva, si va a Pracatinat! L’emozione è altissima, quel 13 maggio 2013. Si parte alle 10, come da programma. Cosa faremo? Come andrà il viaggio? Ci divertiremo? Beh, per questo abbiamo già una risposta: sicuramente sì.
Il viaggio va… il viaggio va… insomma… per gli altri bene, ma per me e Bakar solo benino. Vomitiamo entrambi, ma pazienza, son cose che capitano. Verso le 12 arriviamo a Pracatinat, una struttura gigante e bellissima costruita dagli Agnelli che prima serviva da sanatorio per gli operai della FIAT. Quando arriviamo abbiamo il tempo di mettere le valigie in camera (tutte doppie meno una tripla) e dopo… se magna! Mamma mia che buono il cibo! Altro che mensa! Alla fine festeggiamo anche il compleanno di Suying con la torta. Alle due usciamo con la nostra guida, Alice, che fa l’antropologa ed è simpaticissima. Infine facciamo anche merenda con pane e cioccolato. Torniamo e subito il “gruppo del calcio” si mette a giocare. Cosa sarà mai uno spazzino che deve togliere le foglie dal campo di calcio, si gioca in quello da basket che però è di cemento. Tutto fila liscio fino a quando non faccio uno scatto e qualcuno, non si è ancora riusciti a capire chi è stato, mi fa lo sgambetto (involontariamente, ovvio), e cado a terra. Solo che cado malissimo, appoggiando tutto il peso sul ginocchio sinistro. Cavolo, che male! Purtroppo non posso più giocare.
Alla sera ci divertiamo, prima del film “Azur e Asmar”, un film bellissimo che ho visto miliardi di volte ma che rivedo molto volentieri, c’è la chiamata dei genitori, annunciata all’altoparlante, che il mio maestro descrive così: “Antonio Pisano al telefono!” “Dov’è Antonio?” “Era con Alberto” “Avrà sentito?” “Mah, vado a cercarlo” “Maestro, vado anch’io”. La giornata si è chiusa, ma non riesco ancora a piegare il ginocchio, che si è gonfiato notevolmente.
Secondo giorno. La sveglia dovrebbe suonare prestissimo, alle 7:30. Dico dovrebbe perché la mia e di Diego, impostata sul mio orologio, non suona, evidentemente non l’avevo attivata e allora viene mezza classe, quelli che si sono svegliati in orario, a bussare alla nostra porta. La colazione è stra-buona, cioccolata e fette biscottate. Che goduria! Alle nove è in programma la seconda scampagnata, di un giorno intero. Dovevamo fare un percorso molto lungo, ma ‘sto maledetto ginocchio non si decide a fare quello che dico io e spesso mi costringe a smorfie di dolore, e allora ripieghiamo su un percorso più corto e pianeggiante. Il momento migliore è quando avvistiamo, un po’ più in alto di noi, un numerosissimo branco di cervi. Tornando a casa dobbiamo anche attraversare un torrente, ma per stavolta il ginocchio non fa scherzi. Unico imprevisto, il mio maestro, che riesce anche a mettere un piede in acqua. Nel frattempo dei nuvoloni minacciosi si innalzano sulla comitiva, che riesce a tornare al coperto appena in tempo. La serata è fantastica, con un’ora in sala giochi tra calciobalilla e ping-pong (riesco anche a giocare una partita, ma perdendola, visto che già faccio schifo da sano, figuratevi con un ginocchio che sta male!), poi una lezione (che avrebbe dovuto essere all’aperto ma pioviggina e quindi niente) con videoproiezione sull’Universo e le stelle interessantissima. Alla fine… DISCOTECA!!! La musica dell’MP3 di Burì è mediocre, ma si divertono tutti. Anche il sottoscritto è riuscito a ballare, perché credo che si possa ballare anche agitando la testa e le spalle seduti su una sedia. Alle 22:30, come sempre, a nanna.
“Lucas, stai divagando. Torna al ginocchio!” Calma, calma; adesso arriva il bello…
Terzo giorno. Piove dal mattino. La giornata non promette bene. Per oggi niente uscite. Colazione buonissima come sempre e dopo un ripasso di tutte le cose fatte. Alla fine abbiamo fatto quattro cartelloni, per quattro scienze: quello degli zoologi, dei cartografi, degli storici e il nostro, dei botanici. Dopo pranzo usciamo, ma non tutti, no, solo il mio maestro e io. E perché solo me e il maestro?
E qua arriviamo al punto.
C’è stata un po’ di preoccupazione per il viaggio, visto che oggi il Giro d’Italia passa da qui. Alla fine tutto bene, arriviamo all’ospedale di Pinerolo senza problemi. Chissà cosa mi sono fatto. Speriamo… lì sono tutti simpaticissimi, specialmente una dei due infermieri che ci hanno accompagnato (purtroppo gobba…): quando siamo arrivati e ci siamo salutati mi ha detto: “Cambia squadra, mi raccomando…”. Io giro in sedia a rotelle, ma non mi fanno guidarla (sono capace: ho fatto pratica con quella di mia mamma quando ce l’aveva anche lei)… Ci avviamo per il primo piano e lì ci sediamo, sperando che non ci facciano aspettare troppo. Eh sì, ti piacerebbe. Ho il tempo di finire “Momo” di Michael Ende (ero a meno di metà) e di giocare un po’ con l’iPhone del maestro­. Finalmente ci fanno entrare e un’infermiera chiede al maestro: “Lei chi è? Il nonno?” “No, sono il suo maestro, siamo venuti in gita con la classe”. E lì succede il finimondo.
“Eh, guardi, mi dispiace, ma ci vuole un parente…” “Come un parente?!” risponde il maestro “Ma i suoi genitori sono a Torino!”. Da lì un milione di fax, telefonate tra il maestro, mio papà e la Direzione dell’ospedale, alla fine si riesce a delegare il maestro. Andiamo a fare la radiografia e mentre siamo lì vedo entrare una signora molto anziana. La rivedrò di lì a poco, ma pallida, immobile e con due ragazzi e i loro genitori in lacrime al capezzale del letto. Mi sento un po’ in colpa se penso che mi preoccupo per un ginocchio dolorante… Provo a non pensarci troppo. Alla fine mi fanno un altro paio di controlli (uno dei quali piegandomi il ginocchio fino a far toccare il polpaccio con la coscia quando io a malapena riesco a piegarlo un minimo. Ho odiato l’infermiere che me l’ha fatto) e finalmente mi fasciano il ginocchio. Anche lì un inconveniente, visto che portavo i jeans e con la fasciatura non potevo proprio muovere il ginocchio, e quindi alla fine hanno deciso di tagliarmi i jeans su un fianco fino a metà coscia. Tutto è andato per il meglio e tra qualche settimana mi potrò togliere la fasciatura. Quando aspettiamo il taxi che ci riporterà a casa rimaniamo in una sala d’attesa, dove il maestro si mette a parlare con una ragazza che avrà avuto sui 16 anni e sua madre che gli raccontano che la ragazza di colpo non è più riuscita a muovere il braccio e non se l’è sentito più e che aspettano dall’una (potevano essere le sette, sette e mezza). Lunga discussione sulla burocrazia italiana ed è arrivata l’ora di tornare a casa. Verso le 20 siamo arrivati e noto con piacere che i miei compagni (soprattutto le femmine) aspettavano con ansia il mio ritorno. I miei genitori mi chiamano e mi chiedono com’è andata, un po’ preoccupati, ed io li tranquillizzo dicendo che è andato tutto bene, mi hanno fasciato il ginocchio ecc. ecc... Normale amministrazione. Le cuoche (simpaticissime) ci hanno tenuto la cena in caldo e possiamo anche vedere un pezzo della finale di Europa League tra Benfica e Chelsea, visto che un’altra classe la sta guardando (beati…). Alla fine c’è una piccola discussione su dei soldi regalati (non avete le allucinazioni, c’è proprio scritto regalati) da Alberto ed Hamza a Nadia e Virginia, ma niente di che. Alle 22:30 si va a dormire. Siamo già al terzo giorno, ma per me la gita è ancora lunga…
Quarto giorno. Piove ancora (che sfortuna, il soggiorno era iniziato con un tempo così bello!), ma non saranno certo due goccettine a fermare la 4aA Sclopis! (detto in modo meno epico, si esce comunque). Oggi andiamo verso il forte che è molto vicino alla nostra struttura. A questo punto, il maestro, nel Diario di bordo di Pracatinat dice di aver fatto un giro nelle camere e di aver visto dei letti rifatti con cura. Arrivati a questo punto ci sono due possibilità: o ha guardato solo nella camera di Suying e, probabilmente per evitarsi un infarto, c’ha rinunciato, oppure comincia ad avere un po’ di problemi di vista. Io ed Alex, che nella notte ha avuto un po’ di tosse, però, rimaniamo dentro con la maestra Nadia. Gli altri invece escono, nonostante la pioggerellina. Purtroppo, dopo il ginocchio, mi viene anche la febbre, e vomito anche un po’ in camera. Quando i 20 coraggiosi tornano, dopo pranzo, fanno vedere a me e al maestro le scenette fatte il giorno avanti, che parlano del presente, del passato e del futuro in un paesino di montagna. Non prima, però, di una discussione sul caso dei soldi regalati del giorno prima. Dopo le scenette si fa merenda, sempre con panini al cioccolato, e alcune femmine non si staccano dalla mia sedia a rotelle. Eh, ci vuole tanta pazienza (ma proprio tanta). Nel frattempo mi sono già ripreso dall’influenza. A questo punto facciamo un gioco: Alice ci divide in tre gruppi: aquile, che possono mangiare le volpi e i roditori, volpi, che possono mangiare i roditori, e dei piccoli roditori di montagna, che invece vengono mangiati da tutto e da tutti. I roditori erano rappresentati da alcune matite: indovinate cosa facevo io con questo ginocchio: LA MATITA! Un gioco molto interessante e divertente. Alla fine, dopo cena, ci vediamo tutti insieme “Shrek terzo”. Quando andiamo a dormire stiamo tutti bene, per fortuna.
Quinto e ultimo giorno. Ci risvegliamo con la pioggia, ma ormai ci stiamo abituando. Io, evidentemente, ieri non mi sono ripreso del tutto e, con Virginia, vomitiamo prima di fare colazione. Alex ha ancora la tosse e adesso anche un po’ di mal di gola. Gli altri escono ancora, per fare delle capanne nel bosco vicino alla struttura, ma Virginia, Alex ed io rimaniamo in casa con la maestra Nadia. Dopo pranzo io ho recuperato, ma Virginia sta ancora male. Oggi si esce con un guardaparco che si chiama Bruno: vogliamo avvistare qualche animale. Finalmente ha smesso di piovere e i nuvoloni che ci hanno accompagnato per quasi tutta la vacanza sembrano essersi un po’ ritirati. Virginia e Nadia rimangono dentro con la maestra. Anche Alex ed io vogliamo uscire. Ne abbiamo abbastanza di stare dentro.
Camminiamo per tre quarti d’ora, senza avvistare nessun animale, ma vediamo degli anemoni e sentiamo dei fischi di marmotte.
Verso le 16:30 dobbiamo tornare, perché come sempre a questo punto della gita, sta ricominciando a piovere.
Quando stiamo tornando Hamza attacca un bottone grosso così al povero Bruno e, quando manca poco, non ce la faccio più e così mi faccio portare in spalle dal maestro. Incontriamo un signore che sta salendo che, vedendomi, dice: “Eh ma così non vale…”. Il maestro mi giustifica spiegandogli la situazione.
Quando siamo in struttura facciamo merenda, ci riposiamo un po’ ed è già ora di fare le valige; ma prima di cena Diego, Nicola, Oleg ed io troviamo mezz’ora per giocare a calcio (stavolta nel campo giusto), ma io mi devo accontentare di fare l’arbitro…
Cena, chiamate, giochi con le carte. E Hamza ha dei problemi di stomaco. Totale: Virginia, Alex, Hamza ed io. Tra noi sta girando l’influenza. Ed infine la discoteca. Non tutti, un piccolo gruppo di femmine se ne sta in camera a guardare “Shrek”. Sempre la musica mediocre di Burì, e stavolta ballo seriamente con tanto di trenino.
E poi a dormire. Domani si torna a casa. E non so se aggiungere un “purtroppo” o un “per fortuna”. Ma sono più tentato dal “purtroppo”.
Viaggio di ritorno e conclusione. Stavolta mi faccio furbo e mi siedo al primo posto, perciò oggi il viaggio fila liscio. All’arrivo in Piazza Statuto scopro che mia sorella ha deciso di copiarmi, ma non c’è riuscita troppo bene, visto che il mio male al ginocchio è maggiore.
La vacanza è andata benissimo, mi sono divertito un casino nonostante un paio di intoppi, ma mi ritengo piuttosto fortunato a scrivere questo testo con due gambe sane attaccate al corpo.

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